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PRIVACY: Maggiori garanzie a tutela degli invalidi civili (18/04/2007)

    Le aziende sanitarie locali non dovranno più indicare la diagnosi su certificati che attestano il riconoscimento dell’invalidità civile per l’iscrizione alle liste del collocamento obbligatorie o per la richiesta di esenzione dalle tasse scolastiche o universitarie. Dovranno, inoltre, adottare gli accorgimenti necessari, quali distanze di cortesia, spazi per colloqui riservati, consegna e trasferimento della documentazione in busta chiusa, ed impartire precise istruzioni al personale sanitario, per garantire un elevato livello di tutela della riservatezza delle persone. Lo ha stabilito, con un provvedimento di cui è stato relatore Giuseppe Chiaravalloti, l’Autorità Garante al termine dell’esame di alcune segnalazioni di invalidi civili che lamentavano la violazione delle disposizioni in materia di protezione dei dati personali e chiedevano maggiori garanzie per la loro dignità: in particolare, che fossero omessi da talune certificazioni i riferimenti personali alle patologie invalidanti, specie nei casi in cui fosse stato riscontrato lo stato di sieropositività o l’infezione da Hiv. Richieste legittime secondo l’Autorità. Se può risultare infatti lecito riportare le patologie nei verbali delle commissioni mediche che accertano tipo e grado di invalidità, perché oltre ad essere prescritto dalla normativa è indispensabile in caso di revisione o di ricorso, non è giustificato indicare gli stessi dati nelle certificazioni per l’iscrizione al collocamento o per avere l’esenzione dalle tasse scolastiche. Innanzitutto perché l’indicazione di tali dati non risulta indispensabile e poi perché vi sono normative che prevedono tutele rafforzate per specifiche patologie: ad esempio, le garanzie previste dalla legge 135 del 1990 per i malati di Aids limitano la comunicazione dei risultati di accertamenti per l’infezione da Hiv alla sola persona che si è sottoposta agli esami. Inoltre, tra i requisiti essenziali per avere diritto ad esenzioni o per l’iscrizione a categorie protette, quali l’appartenenza ad una famiglia in disagiate condizioni economiche, l’aver subito una riduzione della capacità lavorativa ecc.,non risulta mai la patologia sofferta. Ai fini del collocamento, infine, è prevista solo una valutazione delle funzionalità della persona disabile per individuarne le capacità lavorative.

L’Autorità prosegue così nell’azione di tutela dei dati personali in ambito sanitario, che oltre ai numerosi interventi specifici, ha già visto l’adozione di un provvedimento a carattere generale, nel novembre 2005, relativo alle grandi strutture sanitarie pubbliche e private.

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