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PRIVACY: Ricerche in rete e trascorsi giudiziari
(06/05/2005)
Il caso: un operatore pubblicitario proponeva ricorso al garante lamentando il fatto che chiunque effettuasse in rete una ricerca nominativa a suo nome, tramite uno dei comuni motori di ricerca in Internet, ricevesse sempre come notizia di apertura, dapprima quella afferente ai suoi trascorsi con la giustizia amministrativa (nella specie si trattava di due sanzioni amministrative risalenti al 1996 e al 2002), e poi l’attuale quadro generale della sua recente attività professionale.
Il ricorrente richiedeva, pertanto, all’Autorità di vigilanza di disporre nei confronti dell’ente pubblico l’interruzione immediata di quella che lo stesso definiva una perpetua “gogna” elettronica.
La decisione del Garante è stata nel senso di imporre all’ente pubblico l’adozione, all’interno del proprio sito istituzionale, di un’apposita «sezione per i vecchi provvedimenti», non accessibile con una generica ricerca nominativa per mezzo di un comune motore di ricerca.
Tale sezione rappresenta infatti una misura di sicurezza appartenente alla classe delle c.d. misure idonee e preventive dirette a ridurre al minimo i rischi di distruzione, perdita e accesso non autorizzato dei dati ex art. 31 cod..
La misure è stata individuata dal Garante, di concerto con l’ente pubblico, dopo un’accurata indagine tecnica volta a bilanciare i due opposti interessi: da un lato quello privato del ricorrente ad una circolazione dei suoi dati senza danni alla sua immagine di libero professionista e, dall’altro, quello di natura pubblica alla conoscibilità, anche nel tempo, delle decisioni adottate da una pubblica amministrazione. La scelta, peraltro, non fu particolarmente facile in virtù del fatto che l’oscuramento del nominativo del destinatario di un provvedimento di tipo sanzionatorio è misura cautelare prevista dal codice solamente per le sentenze dei giudici accessibili via Internet (art. 52, comma 1 cod.).
Nota legale sintetica
In generale, la vicenda della “gogna” elettronica ha fornito il destro all’Autorità Garante per riconoscere all’interessato-ricorrente un vero e proprio diritto all’oblio.
Tale diritto è da intendersi come il diritto dell’interessato di far “uscire” dal circuito di trattamento le sue informazioni, mediante richiesta al titolare o al responsabile della cancellazione o trasformazione in forma anonima dei dati medesimi, qualora questi siano stati trattati in violazione di legge, ovvero non sia più necessaria la loro conservazione per via del raggiungimento della finalità del trattamento.
Ed infatti, in considerazione di tale diritto, il cui fondamento risiede nell’art. 7, comma 3, lett. b) del codice, ed avuto riguardo alla eccessiva latitudine del tempo di conservazione, il Garante ha ordinato al titolare l’adozione di un accorgimento tecnico per un accesso meno diretto alle pagine web in questione.
Resta fermo, inoltre, che il codice tutela l’interessato che abbia subito un danno (patrimoniale e non) dalla circolazione di un suo precedente “pregiudizievole”, anche con l’azione risarcitoria di cui all’art. 15, la quale è esperibile davanti all’Autorità giudiziaria ordinaria tanto nei confronti di un titolare “privato”, quanto nei confronti di un titolare “soggetto pubblico”.
Nota sull’impatto organizzativo
Il caso trattato suggerisce a tutti i titolari di trattamento dati (es. aziende, enti pubblici, associazioni, ordini professionali,…), di gestire la diffusione via Internet delle informazioni detenute attraverso la creazione di apposite sezioni, interne al proprio sito web, diversamente accessibili in base alla tipologia di dati contenuti al fine di impedirne un accesso indiscriminato. Dott.ssa Loredana Celi - Consulente legale (Fonte www.dataprint.it)
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